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1 Marzo 2022

A tu per tu con Ferruccio Sassone: il CEO di Open Group Italia

In questa intervista abbiamo avuto il piacere di confrontarci con Ferruccio Sassone, CEO di Open Group Italia, per parlare del ruolo del consulente e di Start-up.

Come si è evoluto il ruolo del consulente negli ultimi anni?

“Quale consulente? Quello aziendale? Bisogna fare un distinguo. Ci sono tre tipi di consulenti per le aziende:

  1. il consulente del lavoro,
  2. il commercialista,
  3. il consulente aziendale.

I primi due sono abilitati dedicati a materie specifiche che conosciamo; il terzo spesso è un free lance, non strutturato, non sempre specializzato e non abilitato.

Possiamo scindere a sua volta due categorie di consulente aziendale: quello finanziario e quello produttivo-organizzativo con possibilità di prendere pochi progetti proprio a seguito dell’assenza di struttura. A tutti gli effetti diventa un TEM di un’azienda. 

L’ultima figura da segnalare per trasparenza è quella del “bandito”: un presunto consulente che promette finanziamenti e misure ma non riesce a portare effettivi risultati. Ultimamente si presentano sotto il nome di advisor. 

Negli ultimi anni I commercialisti stanno tornando a quella che era la figura/ruolo originario negli anni 50 per la consulenza a 360 gradi. L’impronta originaria di un approccio a tutto tondo sta tornando in auge perchè la parte fiscale è meno remunerativa e il mercato, che si è digitalizzato, non ritiene più indispensabile un supporto di natura fiscale. Per queste ragioni la consulenza dei commercialisti è sempre più di natura finanziaria e di gestione. 

Il Consulente del lavoro evolverà tecnologicamente ma la sua figura non muterà, si specializzeranno più nella trattativa sindacale.

Infine, ci sono le società di consulenza come le nostre. Con una forte propensione sull’agevolato, sulla finanza o specializzate su temi organizzativi o di compliance e ce ne sono centinaia. 

Ci sono poi le Big four che sono a tutti gli effetti società di consulenza che forniscono tutti i tipi di consulenza, rivolte a medio grandi imprese. Le PMI restano invece più escluse dal loro raggio di azione.”

Parlando invece di start-up, quali sono le principali problematiche incontrate?

“Sono spesso prive di capacità di gestione imprenditoriale, questo perchè prive di cultura imprenditoriale. Hanno invece la capacità di raccogliere capitali come modello di business e non di andare sul mercato a vendere.

Ho capito che la capacità delle start up è proprio questa: diventare bravi a presentarsi a un mercato di investitori per raccogliere quel che serve innanzitutto per remunerare i creatori; pochissime hanno la capacità di andare oltre. Un po’ come il marketing multi-livello, che inganna gli ultimi arrivati facendogli credere di poter fare soldi facili, in realtà chi fa soldi è il creatore, sulle spalle di quelli che pensano di vendere, mentre si impegnano a comprare. 

Le start-up che riescono sono quelle dotate sin dal principio di una struttura completa, con una visione di come presentarsi sul mercato e che spesso hanno un CFO dotato di una buona gestione.”

Quali sono le differenze tra un imprenditore di una PMI e uno startupper?

“La maggioranza degli startupper sono giovani, senza esperienze, con brillanti idee e competenze tecnologiche, informatiche o di marketing. 

L’imprenditore di PMI ha esperienza nella gestione di impresa ma non è allineato con i tempi. L’ideale sarebbe la fusione tra i 2 profili. Questo discorso vale sempre in ottica generale. Poi ci sono gli imprenditori che si comportano come startupper e vantano imprese innovative e in continuo sviluppo. “

Quali sono gli stadi che caratterizzano le start-up e come le guidate?

“Il primo stadio va dalla nascita dell’idea o dall’individuazione della soluzione tecnologica alla creazione della società.  

Il secondo stadio (o in contemporanea con il primo) è la scelta del modello di business, del mercato e del target. E’ necessario un supporto per le prime due fasi, perchè sono legate tra loro e bisogna individuare i ruoli e le regole del gioco. 

Poi c’è la fase della stesura del business plan, la costituzione e contestualmente avviene la proposizione al mercato di capitali in base alle esigenze, rivolgendosi ad investitori, finanziatori, amici, parenti, crowd funding. 

Poi c’è la fase della gestione e implementazione delle azioni pianificate, qualunque esse siano: dall’apertura della sede e degli uffici, allo sviluppo della soluzione ideata, agli aspetti commerciali, al lancio produttivo e all’organizzazione produttiva interna e esterna, alla gestione finanziaria. Si procede alla costituzione della forza commerciale, fosse anche un e-commerce.

In ultimo va affrontato il tema della compliance, da valutare in ognuna delle fasi precedenti. Dalla costituzione, alla gestione del personale, alla privacy, al GDPR. Bisogna attivare gli interlocutori corretti e noi siamo in grado di attivarli tutti. 

Siamo una specie di incubatore, senza la concessione di spazi fisici, ma in grado di erogare quei servizi professionali che gli incubatori non forniscono.

Quali sono i bisogni delle start-up di cui non si parla mai?

“Il problema principale di tutte le organizzazioni, piccole o grandi, è la gestione delle risorse umane: o si ha esperienza, o si ha talento o si fanno disastri.

Noi stessi siamo una start-up da questo punto di vista, in costante evoluzione, vivendo sulla nostra pelle regole che non si possono scrivere, vedendo le conseguenze e cercando di gestirle, risolverle, formandoci cammin facendo, pur avendo avuto tutti noi esperienza nella gestione delle risorse umane. 

Non ci sono leggi, codici che ci aiutano nella gestione delle relazioni umane all’interno di un’impresa.

Un altro problema è la condivisione della visione aziendale con le risorse umane: spesso è difficile. Bisognerebbe fare continuamente attività di coaching e di formazione. Tra le tante è fondamentale realizzare un’analisi del clima aziendale, per essere compliance all’obbligo di vantare un adeguato assetto organizzativo.”

Qual’è la differenza tra Open Group e gli incubatori o gli acceleratori?

“Gli incubatori ospitano fisicamente le start-up, sono di supporto nella redazione del piano strategico e del business plan che presuppone l’ideazione del modello di business, aiutano le start-up a presentarsi agli investitori, aiutano tecnicamente e tecnologicamente per la definizione della soluzione inventata. Ma si fermano lì. 

Noi invece proseguiamo nell’affiancamento alla gestione, pianificazione e compliance della vita di un’impresa in sviluppo, con tutte le difficoltà che si incontrano nel cammino.”

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