Secondo la terza edizione del “Climate Transition Barometer”, realizzata da Boston Consulting Group (BCG) in collaborazione con Argos Wityu, ben l’85 % delle medie imprese europee considera oggi la decarbonizzazione un’opportunità strategica — un aumento significativo rispetto al 67 % del 2024, registrando così un balzo di 18 punti percentuali in appena un anno.
Lo studio mette in luce un cambio di prospettiva significativo, sostenuto da una nuova consapevolezza e da mercati sempre più selettivi. Oggi quasi nove imprese su dieci (88%) considerano la transizione ecologica un fattore strategico per la competitività. Questo spostamento segna la decarbonizzazione non più come mero adempimento normativo, ma come un driver di sviluppo industriale, strategia e posizionamento competitivo.
Il 29% delle aziende riconosce già un ritorno competitivo dai progetti di sostenibilità, mentre un ulteriore 53% si aspetta di ottenerlo nel prossimo futuro. A spingere verso questa direzione è soprattutto la domanda del mercato – in particolare nel B2B – indicata dal 63% delle imprese come leva principale nelle scelte climatiche.
Anche il quadro normativo resta un elemento decisivo: il 70% delle aziende lo interpreta come un supporto utile a dare ordine e stabilità ai piani di decarbonizzazione. Tuttavia, circa la metà delle imprese lamenta la complessità delle regole e la mancanza di chiarezza come ostacoli concreti. Il pacchetto europeo di semplificazione (EU Omnibus) va in questa direzione, ma riflette anche un contesto legislativo in costante evoluzione che, senza maggiore coerenza e continuità, rischia di rallentare la transizione proprio nel momento in cui servirebbe accelerarla.
Tra i principali ostacoli alla transizione spicca la questione economica: il 62% delle imprese segnala vincoli finanziari come il freno più rilevante. A confermarlo è il calo della quota di aziende che destinano oltre il 10% degli investimenti annuali a progetti di decarbonizzazione, oggi ferma al 12% (-8 punti rispetto all’anno precedente). Le imprese, quindi, non abbandonano i progetti, ma li gestiscono con maggiore prudenza, evidenziando l’urgenza di strumenti finanziari mirati e di un sostegno più deciso da parte di banche, investitori e istituzioni pubbliche.
I vantaggi, però, sono evidenti. Il 75% dei dirigenti intervistati cita il contenimento dei costi energetici come principale beneficio della transizione. Seguono l’apertura a nuovi mercati o l’aumento della quota di mercato (52%) e l’ottenimento di condizioni di credito più favorevoli (44%, +8 punti). Tra gli effetti positivi rientrano anche la capacità di attrarre talenti (38%) e i sussidi pubblici (30%, -6 punti). Più marginali, invece, il miglioramento della sicurezza delle forniture (25%, -10 punti) e la possibilità di applicare un premium price sui prodotti o servizi (13%, -9 punti).
La transizione alla decarbonizzazione sta interessando tutti i settori, con progressi notevoli nell’agroalimentare, dove le imprese che la vedono come opportunità strategica sono salite dal 50% nel 2024 all’80% nel 2025.
Sul piano geografico, emergono differenze nazionali:
Germania e Italia guidano con circa il 54% delle imprese già attive in progetti di decarbonizzazione.
Regno Unito (per la prima volta incluso nell’indagine) mostra segnali di accelerazione: 42% attivo e 40% che ha incrementato il ritmo nel 2025.
Benelux registra un consenso quasi unanime: 95% delle aziende considera la decarbonizzazione importante o critica.
In Francia, invece, emergono tensioni: 1/3 delle imprese percepisce la transizione come vincolo o rischio, segnalando crescente insofferenza verso l’incertezza normativa.
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